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Immagine del redattore Dr Maria Teresa Caputo

Qual è il collegamento tra stress e memoria?

Impieghi settimane a studiare per un esame importante. Quando arriva il gran giorno, attendi con ansia che la professoressa cominci a consegnare i test, finalmente inizi a scrivere quando ad un certo punto ti viene chiesto di spiegare la definizione di "agnosia". Pur sapendo di conoscere il termine, ti sembra di avere un totale blackout. Cosa è successo? La risposta sta nella complessa relazione tra stress e memoria. Esistono diversi tipi e livelli di stress e di memoria. In questo caso, ci focalizzeremo sul come lo stress a breve termine vada ad intaccare la memoria semantica. Va sicuramente compreso come funziona questo tipo di memoria. Le informazioni che ascoltiamo, leggiamo e studiamo finiscono per diventare memorie attraverso tre passaggi principali. Il primo è l'acquisizione, ossia quel momento in cui abbiamo accesso a delle nuove informazioni, ogni esperienza sensoriale va ad attivare specifici network cerebrali. Perché i ricordi diventino duraturi, queste esperienze sensoriali devono essere consolidate dall'ippocampo tramite la partecipazione dell'amigdala che valuta il significato emotivo degli stimoli. L'ippocampo codifica i ricordi e lo fa probabilmente rafforzando le connessioni sinaptiche che vengono stimolate durante l'esperienza sensoriale originaria. Una volta che assistiamo alla codifica di quella traccia mnestica, quest'ultima può essere ricordata o recuperata in un secondo momento. Le tracce mnestiche vengono archiviate nel cervello ed è la corteccia prefrontale ad attivare il segnale per il loro recupero. La domanda è: in che modo lo stress va ad intaccare questi passaggi? Nei primi due passaggi del processo, una forma moderata di stress può addirittura agevolare il processo del ricordo. Il nostro cervello risponde a stimoli stressanti con il rilascio di ormoni che attivano il sistema di rilevamento della minaccia nell'amigdala. È l'amigdala a dirigere l'ippocampo a consolidare l'esperienza "stressante" in una memoria. Nel frattempo anche gli ormoni rilasciati stimolano l'ippocampo al fine di consolidare questa traccia. Se una forma moderata di stress stimola il consolidamento, lo stress severo e cronico ha l'effetto contrario. I ricercatori hanno rilevato questo fenomeno attraverso l'iniezione di ormoni dello stress all'interno di un gruppo di ratti: via via che la dose di ormoni aumentava, c'era un iniziale miglioramento della performance dei ratti a test di memoria, ma si verificava un clamoroso peggioramento quando le dosi erano eccessivamente elevate. Negli esseri umani si assiste ad un fenomeno simile, con miglioramento collegato a livelli di stress moderati, ma questo esclusivamente rispetto al compito di memoria in questione. Così, essere sotto pressione via via che la data dell'esame si avvicina ci aiuta nella performance mnestica, ma essere presi da un improvviso spavento perché qualcuno ci fa uno scherzo di cattivo gusto, fa l'effetto contrario. Allo stesso modo, il rilascio di ormoni dello stress accumulato nei giorni, settimane, mesi ed anni, come nel caso di stress cronico, può danneggiare l'ippocampo e ridurre la capacità di creare nuove tracce in memoria. Di fatto, l'atto stesso di ricordare è collegato alla corteccia prefrontale da cui dipendono funzioni cognitive come il pensiero, l'attenzione e il ragionamento. Quando c'è un rilascio di ormoni dello stress, l'amigdala viene attivata generando una riduzione parziale o totale dell'attività della corteccia prefrontale. In una situazione percepita come minacciosa, il nostro cervello si prepara alla reazione di attacco-fuga, a discapito di ragionamento e pensiero, essendoci un potenziale pericolo da affrontare. Questo spiega perché durante una situazione di stress elevata, possiamo avere un blackout durante l'esame, dal momento che le attività della corteccia prefrontale sono inibite. Al contempo, il tentativo di ricordare può essere di per sé ancora più stressante, generando un circolo vizioso di ulteriore rilascio di ormoni dello stress che va maggiormente ad inficiare la nostra memoria. Cosa possiamo fare per rendere lo stress un punto di forza, restando calmi e lucidi quando è il momento opportuno? Per esempio, se dobbiamo affrontare una situazione stressante come un esame, possiamo prepararci a gestirla, cercando di creare un contesto simile a quello della situazione stressante imminente. Esempio: proviamo a simulare l'esame, rispondendo a potenziali domande entro un tempo limitato, sediamoci durante lo studio, piuttosto che ripetere stando sul divano. Tutti questi accorgimenti possono fare in modo che la nostra risposta allo stress sia meno elevata il giorno dell'esame, abbassando l'effetto novità che è di per sé un fattore di stress. Anche l'esercizio fisico può aiutare. Quando facciamo attività fisica, aumentiamo la frequenza cardiaca e respiratoria e questo genera cambiamenti neurochimici nel nostro cervello in grado di ridurre l'ansia e di aumentare un senso di benessere psicofisico. Allenarsi con regolarità va ad impattare positivamente sui nostri ritmi di sonno, il che è utile la sera prima dell'esame. Mentre il giorno dell'esame, fare dei respiri profondi è fondamentale per abbassare i livelli di cortisolo nel sangue e quindi ridurre lo stress che inibisce la nostra performance. È stato dimostrato che respirare profondamente è efficace nella riduzione dell'ansia in più gruppi di studenti, da quelli delle elementari, a quelli dell'università. Per cui ogni volta che ci troviamo in una situazione di totale blackout, durante un esame, facciamo un bel respiro, questo ci aiuterà ad abbassare l'ansia e a ricordare quello che abbiamo studiato.


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